lunedì 17 dicembre 2012

«Quanto vale una tonnellata di acciaio prodotto a Taranto in termini di vite umane?»: parla Angelo Bonelli presidente nazionale dei Verdi


Il decreto “Salva Taranto” imposto dal governo per soverchiare l’azione della magistratura tarantina non è passato sotto silenzio e la manifestazione del 15 dicembre ha dimostrato che la città è stanca di subire: dai veleni della fabbrica, all’imposizione della politica la gente è scesa per strada quasi in 30mila per gridare le ragioni della vita e ribaltare la prospettiva ordinata dai palazzi del potere. La partecipazione è stata popolare e trasversale: la presenza dei politici è stata praticamente nulla, tranne alcuni volti noti ai tarantini e non solo. Angelo Bonelli, presidente nazionale dei Verdi e consigliere comunale a Taranto, è stato tra la gente di Taranto, anche tra coloro che non hanno creduto nella sua candidatura a sindaco della città, ma che a fronte dell’impegno profuso oggi ne dimostrano la stima. Gli abbiamo rivolto alcune domande a margine della manifestazione.

a cura di Vito Stano

Angelo Bonelli - Foto Archivio Vito Stano
Dopo il decreto “Salva Taranto” cosa hanno fatto i Verdi e cosa intendono fare?
Noi da sempre siamo qua, penso che siamo gli unici che, con grande coerenza e in tempi non sospetti, stiamo sostenendo questa battaglia per la legalità e per il diritto alla vita. Quello che è accaduto con questo decreto è qualcosa di inaccettabile dal punto di vista della nostra democrazia, perché qui a Taranto per decreto si sospende la legge, si calpesta la Costituzione e si sospende il diritto alla vita. È un fatto gravissimo, noi abbiamo già presentato un ricorso presso la Corte dei diritti dell’uomo e alla Commissione Europea, perché questo non può accadere: la sospensione della legge, come a Taranto, è qualcosa che accade solo nei regimi autoritari dove il monarca sospende le libertà e i diritti fondamentali di una persona.

Quindi siete a fianco della magistratura.
Questa mobilitazione è importante, perché la magistratura non va lasciata da sola, va sostenuta e va assolutamente respinto questo tentativo diabolico che, anche a livello nazionale, stanno facendo a partire dal governo di contrapporre salute e lavoratori. Ed è importante che qui oggi ci siano anche tanti lavoratori, che hanno capito che prima di tutto c’è la salute, ma c’è anche il diritto di un lavoro pulito; quindi il lavoro essenzialmente non deve mettere l’operaio nella condizione di mettere a rischio la propria salute, ma anche la salute dei propri cari e dei propri concittadini.

Dunque cosa proponete?      
Noi abbiamo proposto una serie di alternative. Le alterative di una conversione industriale di quest’area, dichiarare Taranto area no tax, sequestrare e confiscare i beni della famiglia Riva e utilizzarli per fare le bonifiche, impiegare i lavoratori per fare le bonifiche e con un’area no tax rilanciare un’economia diversa, che non sia basata sulla diossina e sulla morte.

Su queste proposte avete trovato alleati a livello politico?
Nella città si, ma nel governo no.

E a livello nazionale?
No, non abbiamo trovato alleanze; anche perché il governo si è speso per riaprire l’Ilva. 

E all’opposizione?
No, assolutamente no; anche da parte di quegli ecologisti che si trovano in Parlamento eletti nelle file del Partito Democratico non c’è un atteggiamento favorevole. Sono tutti attenti a dimostrare quanto sono più realisti del re. Invece bisognerebbe mettersi in gioco e dire che questa battaglia di Taranto è una battaglia per la democrazia e anche una battaglia per un diverso modello di sviluppo. Uno sviluppo che non può essere fatto in modo tale che più inquini, più hai lavoro. No, questo non va bene, altrimenti la domanda drammatica che sorge spontanea è quanto vale una tonnellata di acciaio prodotto a Taranto in termini di vite umane? 

6 commenti:

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