giovedì 31 gennaio 2013

Aldo Grittani in fotografia: «libertà di raccontare l'essenza dei luoghi»

Punto di osservazione sulla mostra fotografica - Foto Archivio Vito Stano
«In una società ‘le cui macerie non hanno più il tempo di diventare rovine’» scrive Aldo Grittani nello scritto che accompagna le immagini fotografiche in mostra in una sorta di serra cittadina realizzata nello storico Palazzo delle Poste di Bari, oggi acquisito dall’Università degli Studi Aldo Moro e fruibile per conferenze, convegni, mostre e come sala lettura per gli studenti baresi.


Aldo Grittani, agronomo e artista, arricchisce le sue riflessioni citando l’antropologo francese Marc Augé e traccia con la parola il percorso fotografico esplorato e spiega che «nella definizione di questi aspetti la fotografia può essere uno strumento molto utile per leggere e interpretare i luoghi, per riflettere sugli stessi, per supportare con efficacia processi di coinvolgimento degli abitanti nelle decisioni relative ai luoghi stessi», ma nel caso dell’area in questione il fatto che la trasformazione dei luoghi fosse già in atto ha permesso a Grittani di raccontarli liberamente, senza il dovere di accollarsi «responsabilità sociali».

Le immagini raccontano spazi «sospesi, fermi», residuali. E come precisa l’autore «sotto molti punti di vista sono luoghi che non esistono», in effetti «le immagini raccontano sie l’essenza dei luoghi, che la loro assenza. La documentazione dei luoghi, dei loro segni e della loro fruizione diventa, in un certo senso, il racconto di una scomparsa».

Questa fotografie stranamente silenziose in un contesto cittadino chiassoso rappresentato per chi scrive una conferma, poiché incarnano una lettura dei luoghi con cui da anni, a mia volta, racconto il territorio: non la periferia barese, ma le periferie rurali dei paesi che cingono il capoluogo. Lo spazio circostante come specchio esteriorizzante di una confusione interiore. 

31.01.2013
Vito Stano

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