mercoledì 22 gennaio 2014

Viaggio in Calabria. Una narrazione visiva tra fotografia urbana e sentimentalismo


Panorama - Foto Archivio Vito Stano © 2014
Stamane colgo l'occasione di scrivere due righe sulla Calabria. In premessa ci tengo a dire che sarò sicuramente superficiale, in quanto non riuscirò a trattare in profondità nessuno degli argomenti che sfiorerò. Quindi, voi che leggete, sappiate prendere questi pensieri come una confidenza. Un racconto ad un amico.

In questi ultimi giorni della regione dei bronzi di Riace mi è capitato di ascoltare numerose storie, tutte diverse tra loro, ma una particolare mi ha incuriosito, alla quale tra l'altro se ne legano indissolubilmente delle altre. Qualche sera fa, lunedì 20 gennaio, la trasmissione televisiva Presa diretta su Rai Tre ha trattato l'argomento dei testimoni di giustizia e le storie di stampo calabrese si susseguivano una dietro l'altra. A fare da sfondo alle tante storie di efferati omicidi di 'ndrangheta, c'era l'ultimo episodio di cronaca accaduto a Cassano sullo Jonio, dove è stata ritrovata la carcassa fumante di un'auto che custodiva maldestramente tre corpi completamente carbonizzati. Uno dei corpi apparteneva ad un bambino di tre anni. 

La ferocia di questa storia mi ha riportato alla mente che soltanto qualche giorno prima sono passato da quelle parti e, devo ammettere, all'asciutto da qualsiasi suggestione, il puzzo di degrado urbano e sociale l'ho sentito subito. Mi ripetevo, «noi (in Puglia) in confronto stiamo bene». Devo dire che ad ogni paesino che attraversavo i commenti si ripetevano. Quasi alla noia. Degrado urbano, cioè case costruite a metà. Palazzoni che sembravamo aver subito un attacco armato. Strade di difficile percorrenza, contraddistinte da un numero imprecisato di lapidi e fiori. Attività commerciali tristemente buie. Viste panoramiche menzognere. E poi le spiagge, i lidi, lo spazio del passeggio della bella stagione totalmente abbandonato all'incuria e se possibile anche di più. 

Paesaggio urbano - Foto Archivio Vito Stano © 2014
Com'è possibile mi sono chiesto che a gennaio i luoghi della vita estiva di un piccolo centro della costa jonica (Cirò marina) siano così degradati? Come faranno a rimettere tutto in piedi prima che inizi la stagione, che presumibilmente inizierà a maggio? Credetemi cose da non crederci. Le spiagge sembrava avessero visto passare un tifone. Tutto in disordine. Ciò che poteva essere divelto lo era. E poi i rifiuti. Ad ogni angolo, o quasi, lo sguardo, ormai abituato, chiedeva tregua, ma non la otteneva. Cumuli di rifiuti ovunque. Cassonetti anneriti dai roghi. Insomma un disastro per la vista di chi come me ama il mare d'inverno. Dov'è finito l'afflato romantico del paese popolato da pochi resistenti. Silenzioso. Vuoto. Al posto del silenzio dell'assenza, quel che ho percepito è stato il silenzio dell'imbarazzo, dello sguardo taciuto, della consapevolezza tradita. E di tutto ciò me ne dispiaccio, perché la Calabria è un terra che naturalisticamente non ha rivali: catene montuose e spiagge da cartolina. Terra della grande storia e di innumerevoli piccole storie popolari. Non è onesto ridurla alla parziale visione che la mia cultura ha voluto (e potuto) offrirmi. In tutta onestà, la gentilezza e la semplicità delle persone, poche, con le quali ho avuto modo di scambiare qualche parola non è riuscita, anche se ci ho provato, a cancellare il tanfo visivo dell'abbandono. Ahimé.

Ma la Calabria, come detto, non è soltanto questo. È anche voglia di riscatto. Volontà di emergere dai sottoscala urbano e sociale dov'è sepolta da tempo. 

22.01.2014
Vito Stano

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