Punto di osservazione sulla mostra fotografica - Foto Archivio Vito Stano |
«In una società ‘le cui
macerie non hanno più il tempo di diventare rovine’» scrive Aldo Grittani nello
scritto che accompagna le immagini fotografiche in mostra in una sorta di serra
cittadina realizzata nello storico Palazzo delle Poste di Bari, oggi acquisito
dall’Università degli Studi Aldo Moro e fruibile per conferenze, convegni,
mostre e come sala lettura per gli studenti baresi.
Aldo Grittani, agronomo e
artista, arricchisce le sue riflessioni citando l’antropologo francese Marc Augé e traccia con la parola il
percorso fotografico esplorato e spiega che «nella definizione di questi
aspetti la fotografia può essere uno strumento molto utile per leggere e
interpretare i luoghi, per riflettere sugli stessi, per supportare con
efficacia processi di coinvolgimento degli abitanti nelle decisioni relative ai
luoghi stessi», ma nel caso dell’area in questione il fatto che la
trasformazione dei luoghi fosse già in atto ha permesso a Grittani di
raccontarli liberamente, senza il dovere di accollarsi «responsabilità sociali».
Le immagini raccontano spazi
«sospesi, fermi», residuali. E come precisa l’autore «sotto molti punti di
vista sono luoghi che non esistono», in effetti «le immagini raccontano sie l’essenza
dei luoghi, che la loro assenza. La documentazione dei luoghi, dei loro segni e
della loro fruizione diventa, in un certo senso, il racconto di una scomparsa».
Questa fotografie stranamente silenziose in un contesto cittadino chiassoso rappresentato per chi scrive una conferma, poiché incarnano una lettura dei luoghi con cui da anni, a mia volta, racconto il territorio: non la periferia barese, ma le periferie rurali dei paesi che cingono il capoluogo. Lo spazio circostante come specchio esteriorizzante di una confusione interiore.
31.01.2013
Vito Stano