Visualizzazione post con etichetta ebano. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ebano. Mostra tutti i post

lunedì 26 agosto 2013

In Africa la solitudine è impossibile. Il mondo sommario di Kapuściński

«Il mondo dell'africano medio è diverso. È un mondo povero, sommario, elementare, ridotto a pochi oggetti base: una camicia, una ciotola, una manciata di semi, un sorso d'acqua. La ricchezza e la varietà del suo mondo non si esprimono in forme materiali, concrete, palpabili e visibili, ma nei valori e nei significati simbolici che l'uomo attribuisce agli oggetti più semplici, a infime cose invisibili ai non iniziati». (Ryszard Kapuściński)

Il reporter polacco Ryszard Kapuściński nel suo libro 'Ebano', edito per la prima volta nel 2000 da Feltrinelli, offre un’immersione profonda nel continente africano, e lo spirito con cui affronta il suo viaggio si evince dall’incipit di un capitolo in cui scrive: «Sono venuto a Kumasi senza uno scopo preciso. Di solito si pensa che sia sempre bene avere uno scopo preciso, nel senso di prefiggersi un obiettivo e perseguirlo. D’altro canto però, è una situazione che impone fatalmente dei paraocchi, perché si finisce per vedere solo il proprio scopo. E invece la marcia in più offerta da una visione quanto mai ampia e profonda può rivelarsi molto interessante e importante. Entrare in un mondo nuovo è come entrare in un mistero che può nascondere un’infinità di labirinti, di recessi, di enigmi e di incognite».  

Trasporrei questo concetto nella vita di tutti i giorni ed ecco annullata la regola che: bisogna sempre avere un obiettivo nella vita. Certo gli obiettivi servono a concentrarsi e a motivarsi, in un certo senso, ma come scrive Kapuściński, nello stesso tempo impongono dei paraocchi, che vanno ad ostacolare le scoperte che ciascuno di noi ogni giorno potrebbe fare. È come quando si è in una nuova città e si vuol a tutti i costi seguire un itinerario ben preciso, certo questo ci farà scoprire il monumento pluri-fotografato, la famosa chiesa, la meravigliosa cattedrale, ma magari non ci premetterà di scoprire i vicoli più stretti e nascosti dove aleggiano gli odori e i sapori di quella città, dove si può incrociare lo sguardo di una persona del posto.

Ecco che il libro 'Ebano', non parla dell’Africa in sé ma di alcune persone che vi abitano, e il reporter sostiene l’impossibilità di descrivere il continente, perché in realtà l’Africa non esiste, Africa è una pura denominazione geografica.

Il libro ripercorre alcuni aspetti storici del continente, come ad esempio il genocidio in Uganda o la prima guerra sudanese, ma dà prevalentemente voce alle persone che il reporter ha incontrato sulla sua strada, e da queste voci emergono le forme della cultura africana.

Gli spazi sotto gli alberi che nei villaggi sono quasi sacri, diventano aule scolastiche dove il maestro riunisce i suoi alunni, o una sorta di sala riunioni dove si riuniscono a consiglio gli adulti, o semplicemente una zona d’ombra durante le ore pomeridiane.

Kapuściński incontra i baganda e i loro conterranei karamojong e in loro scopre opposte visioni. I baganda tengono molto alla pulizia personale e indossano sempre vesti pulite e curate, coprendosi le braccia fino ai polsi e le gambe fino alle caviglie, al contrario i karamojong si ritengono belli solo se nudi, e la loro avversione per gli abiti nasce anche da un altro motivo e cioè osservarono che in passato ogni europeo che giungeva fino a loro si ammalava e dedussero che la causa delle malattie fossero i vestiti.  

Il reporter descrive inoltre i differenti riti funebri tra i bantu e i tuareg, mentre i primi seppelliscono i morti nei campi vicino le loro case, a volte addirittura sotto i pavimenti delle loro capanne, per far partecipare simbolicamente i defunti alla vita dei vivi, per consigliarli, vegliarli o anche castigarli. I tuareg, dalla natura più nomade, invece scelgono di seppellire i loro morti in punti casuali del deserto badando a non ritornare mai più in quel luogo. 
 
Un altro aspetto particolarmente curioso di cui si racconta, riguarda l’arte di raccontare: «In Europa a ogni guerra sono dedicati scaffali di libri, archivi zeppi di documenti, sale speciali nei musei. In Africa non esiste niente del genere. Per lunga e terribile che sia, qui la guerra sprofonda rapidamente nel dimenticatoio. Appena finita, le sue tracce spariscono: bisogna seppellire subito i morti, costruire nuove capanne al posto di quelle bruciate». In altri casi invece, seppur la si volesse raccontare, la guerra si combatte su vasti e tragici campi di morte irraggiungibili dai media, così che il resto del mondo resta nella completa ignoranza circa conflitti di proporzioni gigantesche.  

Le pagine di 'Ebano' raccontano ancora dell’indole collettivistica degli africani, delle tradizioni, dello scambio, del cammino e dell’imponente natura.

26.08.2013

Sara Fiorente