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giovedì 20 dicembre 2012

La libertà di non aderire alla massa. La democrazia da stadio

La democrazia, si sa, prevede che ci sia qualcuno che a fronte di una competizione elettorale esca vincitore. Senza dubbio dopo tanti sforzi e tante risorse impegnate è fisiologico che la felicità dei "vincitori" esploda. Ma a volte, forse troppe volte, l'entusiasmo dei "vincitori" travalica e sconfina nella indecenza. Il video linkato qui sotto è la dimostrazione di come e in che modo la competizione elettorale universitaria non sia affatto diversa da quella politica "vera". Cori da stadio e bottiglie di spumante si sprecano negli spazi universitari affollati dai "vincitori" in barba al decoro dei luoghi e al rispetto delle attività che ospitano (la "festa" si consuma nell'atrio tra la cappella universitaria e la scalinata che conduce al salone degli Affreschi). 

https://www.facebook.com/photo.php?v=10200090043244182

Se poi mi sforzo di pensare che questi soggetti (i "capi" di costoro, chiaramente) sederanno nei consessi decisionali (Senato accademico, Consiglio di Amministrazione), per rappresentare la comunità studentesca, un brivido mi percorre la schiena. La comunità universitaria tutta sarà nelle mani e nelle intenzioni di persone cresciute (politicamente) nell'idea della contrapposizione non ideologica, ma nella contrapposizione di interessi pressapoco personali o di auletta.

Sono felicissimo di non aver votato nessuno a questa tornata elettorale, non l'ho mai fatto per scelta dall'inizio, perché l'esperienza della rappresentanza l'ho fatta negli anni della scuola superiore e dopo alcuni anni e altre esperienze di militanza in un partito ho maturato l'idea di occuparmi soltanto dello studio e non della cosa pubblica della comunità universitaria. 

A volte, però, mi è capitato di pensare d'aver sbagliato, altre invece (come adesso) penso che non avrei potuto fare scelta migliore, perché le mie energie, se proprio devo impiegarle (come del resto faccio da anni), le impiego in una causa in cui credo fortemente. 

Di fronte a queste immagini tristi mi sento libero. Confesso che non ho mai sopportato i megafoni, così come non sopporto gli applausi degli spettatori illusi di partecipare alla vita con un battito di mani.

20.12.2012
Vito Stano