Il clima non lascia spazio alla primavera, marzo si sa è pazzerello e difatti la nella serata di ieri la provincia di Bari ha avuto la sorpresa di qualche fiocco di neve fuori tempo. Ma la primavera non è soltanto meteorologica: oggi 16 a Firenze circa 150mila cittadini hanno risposto alla chiamata della rete di Libera che da diciotto anni si dà appuntamento per ricordare tutte le 900 vittime innocenti di mafia. Questa è la primavera della legalità. Dalla Puglia e dalla provincia di Bari sono partiti numerosi autobus a testimonianza di quanto è sentita la lotta alle mafie dai cittadini pugliesi. Qualche esempio per comprendere la situazione pugliese la dà la notizia dell'operazione portata a termine della magistratura e dalle forze dell'ordine, che ha visto la confisca beni mobili ed immobili a Gravina in Puglia.
In
applicazione della normativa antimafia sulle misure di prevenzione patrimoniale
(il cosiddetto «Pacchetto sicurezza») nella mattinata di ieri i Carabinieri del
Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Bari
hanno eseguito un provvedimento di confisca di beni mobili ed immobili – emesso
dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Bari (collegio Presidente
La Malfa - Marrone - Mattiace), su richiesta della Procura della Repubblica di
Bari nei confronti di un pluripregiudicato, nelle more deceduto, di Gravina,
con precedenti penali per omicidio, estorsione, rapina e associazione per delinquere
di tipo mafioso, ritenuto affiliato al clan Mangione-Gigante-Matera, attivo in
Gravina in Puglia e zone limitrofe.
I
sigilli sono stati apposti ai seguenti beni riconducibili allo stesso ed a suoi
congiunti, direttamente o attraverso prestanomi: 153 unità immobiliari (96
appartamenti e 57 locali commerciali, garage e magazzini) ubicati a Gravina in
Puglia, Altamura, Turi, Casamassima, Bari, Gallarate (VA), Monfalcone (GO) e
Corigliano Calabro (CS); 6 società di capitali costituite da imprese edilizie; 39
terreni ubicati ad Altamura, Gravina in Puglia, Turi e Casamassima; 26 rapporti
bancari, il tutto per un valore complessivo di circa 100 milioni di euro.
Quella
di Gravina è un’organizzazione malavitosa di stampo mafioso, fortemente
radicata sul territorio, capace non solo di resistere ai continui arresti
operati dalle forze dell’ordine nel corso degli anni (si ricorderanno su tutte
le operazioni antimafia Gravina e Canto del Cigno), ma anche di disporre di
ingenti quantitativi di denaro che vengono riciclati attraverso società
finanziarie o società edilizie costituite appositamente o attraverso l’acquisto
di lussuosi beni mobili e di prestigiosi immobili. Un patrimonio che la Procura
di Bari e la Sezione Misure di Prevenzione stanno continuamente «attaccando» nella convinzione che proprio la sottrazione dei beni ai clan malavitosi possa
produrre i maggiori risultati sul piano della lotta antimafia.
L’indagine
patrimoniale, avviata nel settembre del 2010, ha consentito ai Carabinieri,
sotto il coordinamento dell’Autorità Giudiziaria, di appurare che il tenore di
vita e il patrimonio nella disponibilità del pluripregiudicato gravinese erano
troppo sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati: con il provvedimento di
confisca, il Tribunale ha ritenuto che si tratta di ingenti introiti derivanti
da attività illecite che venivano riciclati e reinvestiti attraverso pseudo
attività lecite.
L’inchiesta,
nel suo sviluppo, ha già consentito nel 2011 e 2012 di eseguire altre ordinanze
di sequestro per la successiva confisca di beni: febbraio 2011, si arriva al
primo sequestro preventivo, più consistente: 98 unità immobiliari, quattro
società, tre auto di grossa cilindrata e otto conti correnti per un valore
complessivo di 30 milioni di euro; ottobre 2011 un altro sequestro a Bari e
Turi: beni non direttamente intestati a lui, ma a persone di fiducia,
attraverso la costituzione di due società edilizie che stavano reinvestendo gli
utili; dell’attività illecita, immobili, conti correnti, per un valore
complessivo di 20 milioni di euro gennaio 2012 altri beni per un valore di 2,5
milioni di euro consistenti in 24 unità
immobiliari nel comune di Turi in fase di ultimazione ed un libretto di
deposito; giugno 2012 un altro sequestro a Turi: una società con relativo
complesso aziendale composto da 79 immobili per un valore di 15 milioni di
euro, il tutto per un valore complessivo di oltre 65 milioni di euro.
Una
cronologia che ha permesso agli investigatori e all’A.G. di considerare
l’attività criminale dell’organizzazione non solo ancora molto attiva sul
territorio, ma con una “vivace” mentalità imprenditoriale che non conosce crisi
di mercato, ma soprattutto non conosce crisi di liquidità. Società edilizie che
dovendo riciclare denaro “sporco” sono in grado di competere sul mercato
immobiliare a prezzi concorrenziali rispetto agli imprenditori edili onesti.
Grazie
all’impegno ed alla professionalità dell’amministrazione giudiziaria,
coordinata dal dott. Gianpaolo Pulieri, che ha cooperato costantemente con il
Tribunale di Bari, le aziende edilizie sequestrate sono rimaste attive durante
il sequestro così consentendo, non solo
il mantenimento dei posti di lavoro, ma anche nuove assunzioni,
l’ultimazione degli immobili in corso di costruzione e la consegna delle
abitazioni ai privati cittadini che già avevano sottoscritto dei preliminari di
acquisto. Sono stati inoltre venduti ulteriori immobili. In tal modo si è
pervenuti alla confisca di tutto il denaro ricavato dalle vendite ed è stato
incrementato il patrimonio sequestrato con l’acquisto di una ulteriore intera
palazzina.
L’indagine
patrimoniale si inquadra in una ampia attività di contrasto alla locale
criminalità organizzata che, nel solco degli indirizzi che provengono in tal
senso dal Tribunale, Sezione Misure di Prevenzione, e dalla Procura della
Repubblica di Bari, è rivolta soprattutto ad aggredire i patrimoni
illecitamente acquisiti.
Il
contrasto ai patrimoni illeciti diventa così uno dei mezzi, forse il più
importante, per un serio contrasto all’attività delinquenziale. Privando i clan
delle risorse economiche si riesce a depotenziare la loro capacità criminale
più di quanto possa fare la detenzione in carcere. Le ingenti somme a
disposizione, infatti, permettono ai capi clan non solo di reinventarsi come
imprenditori che finiscono poi per agire
sul mercato con spregiudicatezza a scapito dei veri imprenditori onesti. Il
sequestro e la confisca in oggetto hanno riportato trasparenza e legalità nel
mercato e piena fiducia dei cittadini onesti nell’operato della magistratura e forze
dell’ordine.
16.03.2013
Vito Stano