«Noi
siamo presi da mille assurde faccende quotidiane e non guardiamo oltre. Ci
disperiamo se perde la nostra squadra del cuore. Se l’ultima borsa firmata è
stata venduta a saldi a qualcuno prima di noi. Se il nostro partito preferito
fallisce alle elezioni perché immerso anch’esso nello squallore della politica.
Ci disperiamo se macchiamo le scarpe di marca appena acquistate o reclamiamo,
umiliando il cameriere, se al ristorante ci servono filetto in pepe nero,
invece che verde, come scritto sul menù. Ci preoccupiamo della nostra pulizia
domestica, ma insozziamo bagni pubblici che altri puliranno».
Spero
mi perdonerà l’autore Roberto Cazzolla Gatti, per aver riportato quasi un
intero paragrafo del suo libro ‘Il paradosso della civiltà’ (Adda Editore 2013).
Quasi
sicuramente sarà capitato a ciascuno di noi di essersi trovato in una delle
situazioni descritte, e se ci si ferma a riflettere sulle reazioni che ne
scaturiscono, ecco che si può parlare dei paradossi della civiltà e di come
siamo diventati vittime di una sorta di assuefazione che ci fa perdere di vista
la reale importanza di ogni cosa.
Il
libro di Roberto Cazzolla Gatti è un viaggio che il lettore fa nelle esistenze
di un pigmeo che vive nella foresta tropicale del Congo, e di un uomo “civile”
che vive in Italia. I capitoli, in modo alternato affrontano le fasi della vita
dalla prima infanzia sino alla morte, dell’uno e dell’altro. Due vite che
inizialmente vengono narrate separatamente, poi si incontrano e scontrano, e
dalla narrazione romanzata emergono una vasta molteplicità di temi, tipici di
un saggio; tant’è vero che si parla in questo caso di un romanzo-saggio che
narra in estrema sintesi la storia dell’umanità.
Sarà
attraverso le vicende di Mathaar e Tommaso, i due protagonisti, che si avrà
occasione di riflettere su una complessità di questioni: dalla società dei
consumi all’autenticità delle emozioni, dall’inquinamento dilagante alle
donazioni salva-coscienza, dal potere del denaro al profumo del sole, dalla
vulnerabilità dell’uomo al potere della Natura, dal cancro alla violenza.
Civiltà
e Natura sono i due mondi che l’autore (biologo ambientale ed evolutivo)
racconta con un linguaggio snello alternato da riflessioni incisive.
Nonostante
la dura e giusta critica nei confronti del mondo civile, proprio per le
ripercussioni che esso provoca nel continente africano, l’autore non smette di
sperare in un risveglio della sensibilità e della coscienza umana e scrive: «l’uomo
può arrestare in tempo i suoi cechi passi».
Nel
libro si narra di come i pigmei non abbiano bisogno di scuole, perché dalla
foresta imparano già tutto, anche noi civili, ritrovando semplicemente la
giusta messa a fuoco sulla vera ricchezza della vita, potremo non aver più
l’illusione di Essere solo perché possediamo.
08.07.2013
Sara
Fiorente