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giovedì 7 marzo 2013

Alda Merini l'Orfeo della Ripa: domani a Bari tra alienazione e poesia


La violenza sulle donne è un tema che ha riempito le cronache delle ultime settimane. Nonostante l'inflazione di dibattiti e i fiumi di inchiostro e bit impegnati sui giornali cartacei e on line nessuna conseguenza positiva si profila all'orizzonte.

Marzo poi è un mese importante perché il giorno otto viene celebrata la "festa della donna": già la semantica ci induce a pensare a palloncini colorati, trombette e stuzzichini. Nella realtà, invece, l'otto marzo si celebra la Giornata Internazionale della Donna,  durante la quale ogni anno qualcuno riflette, altri approfittano per divertirsi

A proposito di riflessione l'associazione Angelus Novus ha organizzato per domani otto marzo a Bari (in via Borrelli al civico 32) alle 18,00 l’evento Alienazione e poesia: Alda Merini l’Orfeo della Ripa

Introdurrà il dottor Pino Palomba (Psichiatria democratica), interverrà il professor  Raffaele Girardi (Università di Bari). Reading di testi a cura di Annamaria Dubla e Alessandra Caradonio. Alla chitarra Rita Aprile.

07.03.2013
Vito Stano

sabato 19 gennaio 2013

De Andrè falegname di parole: dalla morte alla vita in musica e parole


Fabrizio De Andrè - Foto google.com
Sono trascorsi 14 anni dalla morte di Fabrizio De André. Lo sento. Lo avvertiamo tutti noi che lo abbiamo amato. Noi che l’abbiamo conosciuto quando ormai non c’era più e che oggi pagheremmo perché tornasse a raccontarci il mondo. Si definiva «un falegname di parole». Lo era. Attraverso le sue letture solitarie, la sua passione per lo scandagliare le realtà più nascoste, il suo incessante essere alla ricerca, capire, spiegare, raccontare. Oggi Faber ci manca perché le sue ballate aiutavano a capire quello che stava succedendo. Oggi a noi manca qualcuno in grado di poterci raccontare la Storia, così come lo faceva lui. La sua è stata più volte definita la «poesia della dolcezza», dalle prostitute ai carcerati, agli emarginati, agli umili, agli anarchici, agli omosessuali… ci ha raccontato il suo tempo. De André non è mai stato un cacciatore di successi miliardari o un facile consolatore di cuori innamorati. Ha trattato di sentimenti ma senza mai cadere nello scontato, nel patetico, nel qualunquismo. Si è sempre preoccupato soprattutto del sociale, del politico, degli altri sempre fuori dal coro. La canzone forse è la forma d’arte più diretta, quella che non si serve di pagine, non si serve di palcoscenici, nemmeno di pellicole… basta la melodia, bastano le parole e ha colpito dritto al cuore. De André era un cantastorie, era un romanziere, poeta, giornalista, storico. Era una freccia dritta al cuore. «E poi se la gente sa e la gente lo sa che sai suonare, suonare ti tocca per tutta la vita e ti piace lasciarti ascoltare». 

Era timido Fabrizio De André, non gli piaceva mostrarsi in pubblico, non amava farsi applaudire, eppure amava parlare attraverso le sue ballate. Amava la sua donna, la sua campagna, la sua solitudine, la sua chitarra e i suoi libri. La sua poetica civile è chiara nelle sue parole: «ebbi ben presto abbastanza chiaro che il mio lavoro doveva camminare su due binari: l’ansia per la giustizia sociale e l’illusione di poter partecipare a un cambiamento del mondo. La seconda si è sbriciolata, la prima rimane». Era consapevole di non riuscire a cambiare il mondo, eppure oggi, io credo che abbia contribuito a cambiare una generazione. Chi ha ascoltato De André, chi lo ascolta oggi, non può farlo senza fermarsi a pensare, senza porsi delle domande. I suoi album erano dei romanzi in cui ogni pezzo costituiva un racconto. La musica per Faber era un «tram con il quale portare in giro le parole». Io mi auguro che quel tram non si fermi mai. Che prosegua il suo percorso all’infinito e che continui a generare domande e dubbi in tutti quello che ci saliranno su.

Ciao amico fragile.

19.01.2013
Carmela Marinelli