di Vito Stano
La libertà e le garanzie di cui alcune categorie di cittadini e lavoratori
godono sono invidiabili, diciamolo. Avrei voluto avere la garanzia del lavoro,
ma ahimé non ce l'ho avuta. Avrei voluto avere la priorità vaccinale, ma anche
questa non ce l'ho. E la cosa più interessante è che alcuni (ovviamente solo
alcuni, non sappiamo quanti, ma diciamo solo alcuni) non riescono proprio a
comprendere le fortune di cui godono. Penso al mondo della scuola
(pubblica) e mi viene in mente un paradosso: se il governo proponesse ai
ristoratori e agli operatori della ristorazione di aprire tutto a patto di
sottoporsi al vaccino, forse la risposta della categoria (salassata a dovere
dalla crisi-covid) risponderebbe con entusiasmo. Non so, è solo un pensiero.
Forse mi piacerebbe che fosse così. Forse perché conosco il settore e forse
perché il mondo della formazione (nel quale sono impegnato) è molto più simile
alla stagionalità di quel mondo fatto di posate da lucidare e bottiglie da
stappare piuttosto che al mondo della scuola pubblica.
Vorrei che queste
righe non fossero lette come un atto d'accusa verso qualcuno in particolare, ma
se penso che lo smartworking ha cambiato la quotidianeità a molti e con essa
anche la quantità di denaro in entrata nelle casse familiari (soltanto per
alcune centinaia di migliaia di persone) e allo stesso tempo c'è chi, senza
battere ciglio, ha percepito lo stipendio durante questo periodo lavorando con
tempi ridotti, lavorando con sistemi perlomeno dubbi dal punto di vista
formativo, lavorando con i polpastrelli su wapp, un po' da riflettere ci
sarebbe. Di certo non è stato facile, dal canto mio posso testimoniare che
non è stato facile (nei corsi di formazione), immagino quanto complesso possa
essere stato vivere il caos nell'alveo dell'istituzione scolastica.
Però una
cosa resta e penso che peserà in un potenziale dibattito: ci sono momenti nella
storia collettiva durante i quali le libertà e i diritti vengono compressi, ci
piaccia o no. A me non piace in linea di massima, ma devo ammettere che il
quotidiano pesa sul piatto della bilancia e mi viene dal profondo dell'apparato
digerente un pensiero pessimo dal quale non riesco a muovermi. Immagino
uno schema di sintesi: la libertà di vaccinarsi degli
operatori scolastici in cambio della trasparenza, cioè rendere noto
alla comunità di riferimento (colleghi e genitori) la propria scelta
libera.
Dunque libertà di non subire un trattamento sanitario, in cambio di una
rinuncia alla riservatezza. Del resto in vista del passaporto sanitario, mi
pare alquanto ridicolo parlare di privacy. E, tra l'altro, visto che non c'è
l'obbligo di vaccinarsi e, dunque, è garantita la libertà di scelta, perché
farne un mistero? Se non si subiscono pressioni e la scelta è dettata dalla
paura (vedi Astrazeneca e J & J) o magari da convinzioni no vax, non
sarebbe onesto dirlo? Barattiamo porzioni di libertà quotidianamente e poi ci
spaventa dire se abbiamo scelto di fare il vaccino? Mi pare paradossale anche
alla luce dell'attenzione mediatica che ha subito la categoria medica,
infermieristica, socio-assistenziale, che ha portato molti di noi (compreso chi
scrive) a sostenere la tesi che riassumo così: o ti vaccini o fuori e
di conseguenza niente stipendio.
Questo dovrebbe essere la regola. Invece c'è
chi è più garantito di altri. E questo è un fatto. Poiché il dilemma non è
tra mandare o meno i figli a scuola, ma vaccinarsi non per sé ma per gli altri.
Anziché sbandierare libertà abbiamo tutti bisogno di sbandierare solidarietà e
onestà.