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domenica 21 aprile 2013

Moscato di Siracusa tra storia e rinascita: il viaggio prosegue in Calabria


Foto google.com
Nella zona di Siracusa certamente, secondo lo storiografo ed enologo Saverio Landolina Nava, troviamo il vino più antico d'Italia. Secondo la sua teoria , il Moscato di Siracusa corrisponde al Pollio siracusano, vino ottenuto dall'uva biblia che fu introdotta a Siracusa da Pollis, tiranno della città per molto tempo. 

Nell'Ottocento molto vino con etichetta Moscato di Siracusa veniva venduto in tutto il mondo, anche se di quest'ultimo non ve ne era traccia. Un dato è certo: nel 1900 all'esposizione di Parigi due ‘Moscato di Siracusa’ furono premiati. Poi per un lungo periodo non fu più prodotto, rischiando l'estinzione della pianta. Oggi sei aziende lo hanno riproposto sul mercato, coltivando vigneti che coprono una superficie di 22,60 ettari. 

Un vitigno che appartiene al grande gruppo deiMoscatichiamati dagli antichi 'Vitis Apianae', perché dolci e quindi preferiti dalle api. Il botonico Cupani (1657-1710) riferisce del 'Muscateddu Vrancu' come sinonimo della Vitis Apinae citata da Plinio. Il Moscato di Siracusa è coltivato in provincia di Siracusa da tempi molto antichi. Si ipotizza sia legato all'antico 'Vinum Balintium', prodotto con le uve 'Moscadello dolce' e celebrato da Plinio, Fazello e altri storici latini. 

Le caratteristiche della pianta sono la sua vigoria e la foglia di media grandezza; ha il grappolo medio e di forma cilindro-conica, è compatto e ha gli acini medi e con buccia consistente di colore giallo, sapore intensamente aromatico. Il Moscato Bianco viene vinificato per produrre il Moscato di Siracusa riconosciuto e certificato come Doc. All'assaggio questo vino è sicuramente intenso nei suoi profumi aromatici e floreali, da abbinare a dolci delicati e non molto strutturati, oltre che a paste secche della tradizione siciliana. 

21.04.2013
Giulio Stano
(sommelier Ais Puglia)


Come si ricorda il sapore del vino quando il bicchiere 
ed il suo colore sono ormai perduti. 
Kahlil Gibran (1883-1931)

domenica 7 aprile 2013

Nero d'Avola di Sicilia: dalla vite alle tavole col sapore di legalità


Il Nero d'Avola è il vitigno rosso più rinomato della produzione vitinicola siciliana. Il nome del vitigno nasce come Calaulisi, italianizzato erroneamente in Calabrese o secondo altri dal casato proprietario dei vigneti di Avola. Cala è la forma dialettale, di Calea, o Caleu sinonimi siciliani di racina ovvero uva.  Aulisi sta per Aula, cioè il nome della città di Avola in dialetto. In definitiva Uva di Avola, ovvero Calea-Aulisi, ed infine Calaulisi.

Il Nero d'Avola è citato dal botanico Francesco Cupani già nel 1696, il quale racconta di origini ancora incerte. È legato agli antichi vini che erano conosciuti con il nome di «Calabresi di Augusta» e «Vini di Vittoria». Il re dei vitigni siciliani è coltivato con successo in tutte le aree viticole dell'isola, sebbene gli esportatori di vini siciliani in Francia trovarono più facile venderli come vini calabresi, in quel tempo decisamente più famosi e apprezzati; già nel 1800 i vini rossi provenienti da uve Nero d'Avola del territorio siracusano erano molto richiesti e ambiti dagli stessi commercianti francesi e nord europei, che li utilizzavano per dare colore e corposità ai loro vini.

Le caratteristiche del vitigno sono la sua pianta vigorosa, la foglia medio-grande di forma cuneiforme pentagonale; con il grappolo da medio a grande, mediamente compatto, acini medi e buccia pruinosa di colore blu-nero. La sua maturazione è media. I vini che questo vitigno ci regala si distinguono in base alle zone di coltivazione della vite. Sono ricchi di personalità, di colore rosso rubino carico, con un elevato corredo aromatico con note fruttate, floreali e speziate, la sua ottima struttura gustativa lo rende un campione, i tannini sono morbidi e corposi, ha una acidità equilibrata. Sono vini armonici nel complesso e da abbinare a piatti della cucina sicula o come vini da meditazione data la forte personalità.


Le DOCG e DOC in cui è utilizzato il Nero d'Avola sono il Cerasuolo di Vittoria DOCG, Contea di Sclafani, Contessa Entellina, Delia Nivolelli, Eloro, Erice, Mamertino, Marsala, Menfi, Monreale, Riesi, Salaparuta, Sambuca di Sicilia, S. Margherita di Belice, Sciacca, Vittoria.


C'è una interessante iniziativa di cui sono artefici ragazzi e ragazze siciliani, che riguarda il vino e la riappropriazione legittima del territorio. Si tratta del progetto portato avanti dalla cooperativa Libera Terra Sicilia, che delle terre confiscate alla mafia fa sgorgare oro liquido: per la precisione sulle terre confiscate ai padrini della mafia nascono ottimi vini, come la linea Centopassi, Placido Rizzotto o gli imperdibili Cru. Siamo nella zona di Corleone, dove dalle ostiche argille sciolte nelle terre assolate e da vigne a spalliera, viene impressa forza e decisione al Nero d'Avola in purezza. Questo vino è dedicato alla memoria di Peppino Impastato, militante comunista di Cinisi (Palermo) assassinato dalla mafia il 9 maggio 1978. In terra di mafia il vino assume anche il sapore e l’odore della libertà e non solo quello della cultura enologica del territorio.

07.04.2013
Giulio Stano
(sommelier Ais Puglia)

Nessuno è più pericoloso di un uomo privo di idee,
il giorno che ne avrà una gli darà alla testa come il vino a un astemio.

Gilbert Keith Chesterton (1874- 1936)

domenica 31 marzo 2013

Syrah dalla bacca rossa: incerte origini d'un vitigno internazionale


Foto google.com
In quest'ultimi anni la Sicilia ha fatto passi da gigante, tanto da divenire per qualità e produzione una delle migliori nel panorama vitivinicolo italiano e da essere definita la nuova California. Non solo per il fantastico clima che la contraddistingue ma soprattutto per il numero, sempre in crescita, dei vitigni internazionali piantati. Uno tra questi è sicuramente il Syrah: annoverato tra i migliori prodotti della Sicilia viticola, il quale si è ambientato perfettamente al terroir dell'isola. 

Il Syrah Shiraz è un vitigno a bacca rossa dalle origini controverse: alcuni, infatti, ritengono che la sua provenienza sia l'Iran, mentre altri pensano che le sue radici storiche siano legate al territorio di Siracusa, dal quale si sarebbe poi disperso per poi essere reintrodotto in Italia dalla vicina Francia. Il Syrah dà un vino di colore rosso rubino dalle sfumature violacee e dal profumo intenso e fruttato con sentori di piccoli frutti neri e spezie, tra le quali appare evidente il pepe nero ma anche il  cioccolato; in bocca presenta una buona struttura e persistenza, è morbido e abbastanza fresco con una media tannicità. 

Questo vitigno viene ad oggi coltivato in quasi tutto il territorio vitivinicolo mondiale, anche se le sue espressioni migliori provengono dalle appellations Côte-rôtie, Hermitage e Saint Joseph della valle del Rodano in Francia; in Italia viene coltivato in Toscana (con i migliori risultati nella D.O.C. Cortona), nel Lazio (Agro pontino), in Puglia (Syrah del Tarantino IGT) e in Sicilia. Soprattutto quest'ultima regione ha saputo meglio interpretare il vitigno Syrah in Italia, vinificandolo in uvaggio con il Nero d'Avola, ottenendo vini morbidi e speziati molto richiesti dal mercato internazionale. Con un tale vino abbineremo piatti speziati e formaggi della tradizione isolana, come il pecorino  siciliano. 

31.03.2013
Giulio Stano
(sommelier  Ais Puglia) 

Solleticata da venti sottili come da vini frizzanti,la mia anima sternutisce
 e grida a se stessa giubilante:Salute! Così parlò Zarathustra.

Friedrich Nietzsche (1844 - 1900)

domenica 24 marzo 2013

Zibibbo: uva appassita per gli arabi, nettare dolce e dorato dei siciliani


Eccoci ritrovati a parlare di storia e vino, cultura e arte; insomma parliamo di un vitigno arabeggiante e ricco come la sua madre patria: il Moscato d'Alessandria d'Egitto, meglio conosciuto in Italia come Zibibbo, Moscato di Pantelleria o nella versione Passito di Pantelleria è tra i vini della Sicilia più rinomati in Italia.

Il vitigno appartiene al grande gruppo dei moscati chiamati dagli antichi Vitis Apianae perché dolci e preferite dalle api. Coltivato in Sicilia presumibilmente dai tempi dei fenici, questo vitigno veniva utilizzato soprattutto come uva da mensa fresca o appassita, da qui il nome di derivazione araba Zibibbo, usato per indicare le uve da conservare appassite.

Un'antica leggenda narra la storia della dea Tanit che, invaghitasi di Apollo e volendone attirare l'attenzione, si finse coppiera dell'Olimpo. Qui sostituì l'ambrosia, bevanda degli dei, con il nettare proveniente da quest'isola, riuscendo a conquistare l'amore di Apollo. Ma solo nel 1883 questo vino ha iniziato ad essere conosciuto al di fuori dei confini dell'isola e, presente nel listino di una famosa casa vinicola siciliana, fu premiato a Parigi nel 1900; nel 1936 fu inserito tra i vini tipici italiani. 

Se ne ricava un vino giallo paglierino carico con riflessi dorati, dolce e con elevato grado alcolico dal caratteristico profumo. Oltre al consumo a sé stante è utilizzato per la produzione del vino Doc Pantelleria, nella versione passito, moscato e spumante.

L'abbinamento ideale è costituito dai dolci, meglio se secchi, di mandorla, cannoli alla ricotta o farciti con confetture che presentano qualche nota di acidità, come quelle di ribes o frutti di bosco in genere. Ottimo con formaggi erborinati. Il Passito di Pantelleria Doc è commercializzato in diverse forme ed etichette.

24.03.2013
Giulio Stano
(sommelier Ais Puglia)

Il vino ha una pienezza ch'empie palato e anima di sapore

Antonio Fogazzaro 1842 -1911

domenica 17 marzo 2013

Malvasia di Lipari: dolce e dorato da abbinare con scorzette d'arance


Proponiamo un vitigno simbolo delle isole Eolie e della cultura siciliana da cui si ottiene il famoso Malvasia di Lipari, che viene coltivato e prodotto secondo antiche tecniche con uve essiccate sui tipici graticci di canna nelle zone di Alicudi, Filicudi, Lipari, Milazzo, Panarea, Salina, Stromboli, Vulcano. Le sette isole, di origine vulcanica, poste nella parte orientale del basso Tirreno, sono famose per le loro grotte, spiagge e magnifici fondali marini. Oltre che per la Malvasia sono conosciute anche per i capperi, l'olio e la frutta.

Nonostante il nome, il Malvasia di Lipari è coltivato soprattutto nell'isola di Salina, poco coltivato, invece, nelle altre isole; è presente, inoltre, anche in alcuni vigneti del messinese e del catanese. Il vitigno appartiene al grande gruppo delle Malvasie coltivate in Italia. Presumibilmente introdotta dai colonizzatori greci nel VI secolo a.C., la Malvasia viene menzionata da numerosi autori latini: il Cupani nel 1696 la descrive col nome di«Malvagia», detta dal volgo «Marvascia».

La Malvasia è una pianta mediamente vigorosa dalla foglia medio-piccola e cuneiforme, che produce grappoli di media grandezza con acini medio-piccoli e rotondi, la buccia sottile e di colore giallo-dorato fa presagire un aromatico vitigno dalla polpa dolce.

Le uve raccolte a maturazione avanzata, prima di essere vinificate, vengono fatte appassire sui graticci. Il vino è aromatico, con intensi sentori erbacei, floreali, note di miele e di albicocche secche, al sapore è dolce, caldo, aromatico, dotato di un'equilibrata acidità e armonia gustativa.

Possiamo degustare il Malvasia di Lipari abbinandolo con scorzette d'arancia candite, dolci secchi alla nocciole e alle mandorle, mostaccioli messinesi e cannoli. Tradizionalmente vinificato per produrre il famoso vino DOC Malvasia delle Lipari e anche come Passito, Dolce Naturale e Liquoroso.

17.03.2013
Giulio Stano
(sommelier Ais Puglia)

Immergemmo le nostre anime assetate
nel vino ristoratore del passato.
    Mark Twain (1835 - 1910)

domenica 10 marzo 2013

Inzolia d'Agrigento: il preferito da Plinio e le Doc del nuovo millennio


Un viaggio che riparte dall'antica provincia di Agrigento con un vitigno autoctono: l'Inzolia, conosciuto e apprezzato da Plinio nell'antica Roma, il quale lo distingueva da altre varietà e lo riconosceva come uno dei migliori bianchi dell'intera isola. L'Inzolia è riconosciuto come uno dei vitigni figli della storia vitivinicola siciliana.

L'Inzolia come vitigno è resistente al clima isolano, fatto di venti sapidi e freddo pungente, contrastati da caldo torrido e siccità; è una pianta vigorosa con una foglia di media grandezza di forma pentagonale, ha il grappolo abbastanza grande a forma conica, da spargolo a medio; i suoi acini hanno buccia spessa e pruinosa di colore giallo dorato o ambrato, la sua polpa è croccante, dolce e aromatica.

L'Inzolia o Anzonica, com'è anche conosciuto, vinificato in purezza dà un vino fine, di colore giallo paglierino con riflessi verdolini, i suoi profumi sono riconoscibili in quanto è un vitigno aromatico; il gusto ha sapore neutro, è abbastanza sapido e dotato di buona alcolicità, acidità e morbidezza, doti che lo rendono equilibrato.

È un vitigno diffuso in gran parte dell'isola per questo utilizzato anche in uvaggi nelle seguenti Doc: Alcamo, Contea di Sclafani, Contessa Entellina, Delia Nivolelli, Erice, Mamertino, Marsala, Menfi, Monreale, Riesi, Sambuca di Sicilia, S. Margherita di Belice, Salaparuta, Sciacca, Vittoria.

Potremo degustare questo vino abbinandolo a preparazioni di mare o comunque a piatti della cultura isolana, come la pasta con le sarde o altre pietanze tipiche.

10.03.2013
Giulio Stano
(sommelier Ais Puglia)

Siamo tutti mortali fino al primo bacio e al secondo bicchiere di vino

Eduardo Hughes Galeano (1940)

martedì 5 marzo 2013

Sicilia vitivinicola: il "viaggio" di Murgiambiente fa tappa ai piedi dell'Etna


Sicilia - Foto google.com
La Sicilia è la più grande isola del Mediterraneo e, certamente, è la più importante per arte, storia ed attività economiche. In questa terra dall'antica vocazione per la coltura della vite, i coloni greci, giunti a Naxos, per primi si dedicarono «in maniera professionale» alla coltura della vite, dando inizio alla produzione degli ormai celebri vini siciliani. I Fenici, dal canto loro, audaci navigatori e mercanti di razza quali erano, fecero dei vini siciliani uno dei prodotti più importanti per gli scambi commerciali di quell'epoca. Il Marsala e il Moscato, prodotti nelle storiche cantine siciliane, ne sono ancora oggi testimonianza. In Sicilia, infatti, l'uva rappresenta ancora una delle risorse di maggior rilievo, per qualità e quantità, nel rendere l'isola famosa in tutto il mondo.

Facendo un salto nel passato scopriamo che in Sicilia già dal secondo millennio a.C. la viticoltura era presente, dunque prima che sbarcassero i coloni greci, i quali però ebbero il merito dell'introduzione di migliori qualità di vitigni e del perfezionamento delle tecniche colturali.

Tra il III e il II millennio a.C. questa situazione di benessere scomparve, in conseguenza della conquista romana, che portò alla trasformazione colturale isolana: dalla vite al grano, così imposero i romani, poiché il cereale era necessario alla politica di espansione della Repubblica: la Sicilia divenne così il granaio di Roma. Nonostante ciò, il vino non scomparve del tutto: Giulio Cesare poté ancora gustare il suo prediletto Mamertino, Plinio il Vecchio quello di Taormina e i buongustai romani tanti altri vini.

Con la caduta dell'Impero Romano l'isola fu teatro di una lunga serie di invasioni e di guerre: dapprima i Vandali, poi le lotte tra Goti e Bizantini, ai quali seguirono gli Arabi, che la occuparono per alcuni secoli. Questi fecero rinascere l'agricoltura sicula, rinnovando le tecniche agricole, introducendo nuove colture, principalmente riso e zucchero, e coltivando la vite solo per produrre uva passa per le loro mense. Alla dominazione araba, che lasciò segni positivi profondi, seguirono le conquiste normanne e quindi aragonesi, che non lasciarono grandi tracce in questo campo.

Queste vicissitudini storiche portarono alla ricostruzione del vigneto siciliano: cominciano ad apparire i vini bianchi leggeri, i rossi vivaci, i rossi profondi e coloratissimi e gli aromatici delle isole e per finire quello straordinario vino, che è il Marsala, che ha reso famosa la Sicilia nel mondo.    

Non perdetevi il prossimo appuntamento: scopriremo questa meravigliosa terra e i suoi fantastici vini!

05.03.2013
Giulio Stano
(sommelier Ais Puglia)